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Iran: quadro normativo di riferimento per l’investitore straniero ad un anno dall’uscita degli USA dal JCPOA

L’Iran è la seconda economia del Medio Oriente, dopo l’Arabia Saudita, con un prodotto interno lordo (PIL) nel 2016 con un prodotto interno lordo (PIL) nominale di circa 368 miliardi di dollari nel 2019 (Ministero Affari Esteri), stimato in 603 miliardi US $ con una crescita di circa 4 punti percentuali.

A partire dalla decisione dell’amministrazione Trump di ritirare gli Stati Uniti dall’accordo sul nucleare (JCPOA), la favorevole congiuntura economica che aveva interessato il Paese dal 2016 ha subito una radicale mutazione. La strategia americana di “massima pressione” ha portato difatti alla reintroduzione delle sanzioni su Teheran rendendo difficile la corretta implementazione del JCPOA, anche da parte degli altri Stati firmatari.  

Le sanzioni americane introdotte sono caratterizzate dalla loro portata extra-territoriale: la sottoposizione alle sanzioni non concerne entità giuridiche americane (non essendo venute meno a seguito del JCPOA le sanzioni primarie, alle quali sono sottoposti esclusivamente i soggetti statunitensi) ma soggetti terzi coinvolti nell’industria dell’auto-motive, del settore petrolifero, minerario, chimico, petrolchimico, nonché imprese di shipping e istituzioni finanziarie. Chiunque – indipendentemente da ogni località o nazionalità – risultasse coinvolto nel commercio in determinati settori con lo Stato iraniano, potrà essere sottoposto alle misure punitive americane che spaziano dall’imposizione di sanzioni economiche fino all’esclusione dal mercato USA. 

Dalla sua fondazione nel 1979, la Repubblica Islamica ha visto la sua economia subire forti fluttuazioni 

operando spesso al disotto delle sue potenzialità produttive a causa di una mala gestione ed anni di relazioni conflittuali con i Paesi limitrofi. 

Secondo il Fondo Monetario Internazionale il PIL dell’Iran avrebbe potuto raggiungere nel 2019 i 1.627 miliardi di dollari tuttavia, principalmente a causa del ripristino delle sanzioni, nel 2019 il PIL ha raggiunto i 368 miliardi di dollari. 

Le principali entrate su cui fa affidamento il Governo iraniano sono essenzialmente quelle derivanti dall’esportazione di idrocarburi. Pertanto, la decisione del maggio 2019 degli USA, di non rinnovare le licenze concesse ai maggiori acquirenti di petrolio iraniano (tra cui l’Italia) ha l’obiettivo di esercitare  “massima pressione”, azzerando le esportazioni di greggio di Teheran e quindi costringere l’Iran ad entrare in un nuovo negoziato sul nucleare estorcendo al Paese “un migliore accordo” rispetto a quello negoziato dall’amministrazione Obama. 

Le tappe susseguitesi nell’ultimo anno sono state molteplici, da ultimo, l’Executive Order 13876  del 24 giugno 2019, mediante il quale tutte le proprietà della Guida Suprema iraniana nel territorio americano, venivano congelate, e l’autorizzazione inoltre al Segretario del Tesoro di imporre sanzioni agli istituti finanziari stranieri che conducono o facilitano consapevolmente qualsiasi transazione finanziaria significativa per o per conto dei soggetti sottoposti a sanzione.

Occorre quindi capire qual è per l’investitore italiano ed europeo il quadro normativo a cui fare riferimento nel momento in cui si voglia intraprendere una venture commerciale in Iran. 

L’intersezione fra la giurisdizione europea e quella statunitense concorre a definire un sistema regolamentare alquanto macchinoso. Per quanto concerne il quadro normativo europeo nulla è sostanzialmente cambiato dal 2016, le relazioni commerciali, finanziarie e bancarie con l’Iran restano, per l’UE e per l’Italia libere, salvo che si versi in un regime di divieto o di restrizione. Le verifiche in materia vanno dunque effettuate con riguardo a:

  • i soggetti con cui si intrattengono relazioni commerciali, finanziarie o bancarie non essendo possibile intrattenere relazioni con soggetti, persone fisiche o giuridiche, elencati negli allegati VIII e IX del Regolamento UE 267/2012;
  • i prodotti, le tecnologie e i servizi oggetto delle transazioni, non essendo possibile commerciare beni, servizi o tecnologie afferenti ai settori nucleare, militare e missilistico ed essendo obbligatoria la previa acquisizione di autorizzazioni all’esportazione per il commercio di prodotti e tecnologie dual use.

Come anticipato, per quanto concerne la normativa statunitense e le relative sanzioni secondarie, queste hanno una portata extra-territoriale e possono essere applicabili anche a soggetti europei, recentemente Il dipartimento del Tesoro statunitense ha annunciato l’imposizione di sanzioni contro sei società e cinque cittadini cinesi accusati di importare in Cina petrolio iraniano, in violazione delle sanzioni americane. Pertanto, occorre prestare particolare attenzione non solo circa la tipologia di prodotto commercializzato ma anche ai soggetti coinvolti, a scopo esemplificativo sono applicabili: 

  • ai soggetti partecipati o controllati da U.S. entità;
  • nel caso di coinvolgimento di soggetti iscritti nelle liste sanzionatorie tenute da OFAC (SDN, FSE, etc.); e/o
  • con riguardo ai settori nuovamente soggetti a restrizioni a seguito degli executive orders 13846 e 13871 emessi successivamente all’8 maggio 2018 (che includono, a titolo esemplificativo, i settori bancario e finanziario, assicurativo e riassicurativo, dell’energia, del petrolio e petrolchimico, quello portuale e della cantieristica navale, quello automobilistico, nonché quello dell’oro, dei metalli preziosi, del ferro, dell’acciaio, dell’alluminio e del rame; e/o
  • concernenti i beni non prodotti, ma incorporanti beni o tecnologie statunitensi in percentuale superiore al 10% (in quanto per ciò comunque soggetti a Export Authorization Regulations – EAR in virtù della c.d. de minimis rule).

A febbraio 2019, l’Alto Rappresentante dell’UE per la politica estera e di sicurezza e i Ministri degli Affari Esteri di Francia, Germania e Regno Unito hanno annunciato la creazione di INSTEX, Instrument for Supporting Trade Exchanges. La corrispondente struttura iraniana, Special Trade and Finance Institute – STFI e’ stata registrata a marzo del 2019. Si tratta di uno Special Purpose Vehicle (SPV), ovvero un meccanismo di scambio di beni tra aziende europee ed iraniane senza il ricorso a transazioni finanziarie. Mediante tale strumento, un soggetto giuridico europeo che volesse portare a termine una transazione con un’entità giuridica iraniana non effettuerebbe il pagamento direttamente alla controparte, ma passerebbe attraverso Instex, il quale processerà il pagamento dalla propria sede in Iran, al fine di operare al di fuori del sistema di pagamenti internazionali SWIFT dominato dal dollaro americano

Tale sistema non consentirà uno scambio di informazioni con gli Stati Uniti, segnatamente con l’Ofac, Officio di Controllo delle Attività Straniere, divisione del Dipartimento del Tesoro Americano. Si tratta dell’ente deputato all’implementazione e alla regolamentazione delle sanzioni economiche volute dall’amministrazione americana. Nonostante Instex sia nato da una necessità di creare un’alternativa alla centralità del dollaro nell’economia globale, senza alcun coinvolgimento dell’Ofac le aziende europee e il sistema in generale rischiano di subire pesanti ripercussioni. Infatti, in quanto non vi sarebbe un’esplicita guideline su quali entità iraniane rientrano nella white list, le società europee coinvolte in Instex rimangono a rischio di sanzioni.

Si tratta, difatti, di uno strumento che non offre sufficienti garanzie nei confronti delle grosse multinazionali che hanno sbocchi e grossi margini di guadagno sul mercato americano. Il timore di sanzioni economiche o perfino l’esclusione da quest’ultimo hanno funzionato quale forte deterrente all’ascesa di Instex. Tuttavia, le PMI che non hanno particolari interessi oltreoceano potrebbero ben utilizzare il nuovo canale offerto dalle istituzioni europee.

Di particolare rilevanza risulta la sentenza della Corte Internazionale di Giustizia che a fine 2018 ha reso la sua pronuncia sulla richiesta formulata da Teheran per ottenere la sospensione del nuovo regime di sanzioni economiche imposto da Washington. In particolare, la Corte si è espressa ordinando agli Stati Uniti di sospendere le misure che impediscono l’approvvigionamento di aiuti e medicinali e pezzi di ricambio necessari per la sicurezza dell’aviazione civile. Nonchè, le operazioni bancarie a supporto di queste transazioni che non potranno più essere soggette a sanzioni, neppure di tipo secondario.

Tale orientamento era già fatto proprio dal OFAC nell’ambito della c.d. ‘Humanitarian Exception’, e sembra ora essere seguito anche da alcune banche europee che continuano a fornire assistenza all’incasso dei crediti dall’Iran.

Infine, tra gli strumenti implementati, con l’obiettivo di mantenere attivi i canali economici e commerciali avviati con l’Iran, vi è stata la riforma del Regolamento di Blocco del 1996, mediante il quale i provvedimenti sanzionatori americani – adottati in violazione degli impegni assunti all’indomani dell’entrata in vigore nel 2016 dell’accordo sul nucleare – sono considerati, rispettivamente, inapplicabili e inefficaci all’interno dell’UE e nei confronti di soggetti, persone fisiche e giuridiche, europei.

Studio Legale Iannantuoni Cerruti & Associati

Avv. Prof. Luciano Iannantuoni