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Un arbitro tra i contendenti

Si sa che la Magistratura ordinaria ha tempi lunghi, mentre a volte le divergenze contrattuali devono essere appianate in fretta. Ecco allora una soluzione alternativa, rapida ed efficace.

Le norme che regolano l’arbitrato nazionale sono gli articoli 808-840 del Codice di procedura civile (Cpc). Una volta verificato che l’accordo tra le parti prevede una valida clausola compromissoria (atto in forma scritta e con oggetto della controversia delimitato), la procedura è abbastanza rapida. Gli arbitri devono essere dispari (il minimo è 1); nel caso in cui non sia fissato un numero, provvederà alla nomina il Presidente del Tribunale. L’arbitrato nazionale deve avere sede nel territorio della Repubblica.

Gli arbitri devono accettare la nomina entro 20 giorni ed entro 180 dall’accettazione devono pronunciare il lodo (in caso di più arbitri il termine decorre dall’ultima accettazione). Il lodo arbitrale, votato a maggioranza degli arbitri, redatto per iscritto e da loro sottoscritto, deve contenere, a pena di nullità, l’indicazione delle parti, della clausola compromissoria e dei quesiti relativi, l’esposizione (sommaria) dei motivi e il dispositivo.

La procedura della Camera arbitrale di Milano non differisce sostanzialmente da quella prevista dal Codice di procedura civile. Utilizzando però un altro corpus normativo è logico che vi siano differenze, relative, per esempio, ai termini entro cui l’arbitro deve accettare la nomina, qui ridotti a 10 giorni dal momento in cui egli riceve la comunicazione dalla Camera. Sempre entro il medesimo lasso di tempo ciascuna parte può presentare istanza motivata di rifiuto. Gli arbitri possono essere rimossi nel corso del procedimento, qualora il loro comportamento sia ostruzionistico, o possono essere sostituiti per improvvisa incapacità sopravvenuta o, ovviamente, per morte.

La fase istruttoria dell’arbitrato si svolge in ossequio alle regole del Codice di procedura civile, a quelle stabilite dalle parti o, infine, al regolamento della Camera arbitrale. L’arbitro, prima di iniziare il vero e proprio contenzioso, cerca sempre di esperire un tentativo di conciliazione.

La parte che intende instaurare il procedimento, deve presentare alla Camera una domanda di arbitrato, sottoscritta dalla stessa e contenente nome, indirizzo delle parti ed elezione di domicilio, l’atto che incorpora la clausola compromissoria, eventuali precisazioni sulla natura dell’arbitrato (secondo diritto o equità, rituale o irrituale), esposizione dei fatti e dei motivi posti a supporto delle richieste, indicazione degli eventuali mezzi di prova, nomina dell’arbitro e procura alle liti conferita al proprio difensore. Entro 30 giorni dalla notifica di tale atto, la parte convenuta deve presentare presso la Camera arbitrale la propria risposta scritta, contenente i dati personali, l’elezione di domicilio, precisazioni relative alla natura dell’arbitrato, formulazioni della difesa, eventuale domanda riconvenzionale, prove a dimostrazione della propria tesi, nomina del proprio arbitro e procura alle liti conferita al proprio difensore. Nell’ipotesi di domanda riconvenzionale, proposta dalla convenuta, è facoltà della parte attrice depositare una replica nel termine di 30 giorni dal ricevimento. Gli arbitri hanno, come detto, ampio potere di tentare la conciliazione, ammettere prove scritte e assumere prove testimoniali. Gli articoli 832-840 del Codice contengono le norme relative alle procedure dell’arbitrato internazionale. Come primo e fondamentale requisito è necessario che, alla data di sottoscrizione della clausola compromissoria, almeno una delle parti risieda o abbia la propria sede effettiva all’estero, oppure che una parte rilevante della prestazione per cui è sorta la controversia sia da eseguire all’estero. Per quanto riguarda la clausola compromissoria occorre rilevare che in questo caso essa non è sottoposta alla normativa degli articoli 1341 e 1342 del Codice civile italiano (espressa sottoscrizione), anche se deve essere conosciuta dalle parti, adoperando l’ordinaria diligenza. Una volta instaurato l’arbitrato, secondo le norme sopra menzionate, gli arbitri decideranno sulla controversia pronunciandosi secondo equità, o secondo la legge indicata dalle parti, pur tenendo conto delle indicazioni del contratto e degli usi del commercio in quel settore. Per quanto riguarda la lingua da applicare, se le parti non hanno convenuto nulla, essa verrà discrezionalmente scelta dagli arbitri. Tutte le altre norme relative alla procedura e al lodo, si applicano inalterate. Naturalmente sono vari i procedimenti che possono essere decisi con tale arbitrato. La giurisprudenza in materia è ricca e offre interpretazioni in differenti materie. Classico l’esempio delle royalty (la sede dell’arbitrato è decisa nel luogo in cui la prestazione maggiore deve essere offerta), oppure dei contratti di licenza in cui il licenziatario si trova nell’impossibilità di pagare le royalty stesse; interessante anche il caso in cui si vaglia l’effettiva esistenza di una persona giuridica in uno Stato diverso da quello dell’altra parte contraente (una società nel Ghana e un’altra negli Stati Uniti). In questo caso, reale, l’arbitro ha oculatamente valutato la regolare costituzione ed esistenza della prima struttura societaria negli Usa, secondo le regole del diritto locale. Naturalmente la controversia ha anche subito il vaglio sotto l’ottica della convenzione di Washington (articolo 42, convenzione 1975) in modo tale da poter applicare le regole relative all’arbitrato internazionale. Inoltre è stata valutata l’effettiva volontà di ritenere la società ghanese come straniera, ma contemporaneamente costituita secondo le normative americane. In caso contrario, infatti, si sarebbe trattato di un arbitrato nazionale (statunitense) e non internazionale.

Pro e contro sulla bilancia

Arbitrato internazionale davanti alla Camera arbitrale di Milano: anche in questo caso, è possibile che le parti, nel decidere un regolamento arbitrale, optino per quello della Camera arbitrale di Milano.

Occorre considerare che, nel caso di Arbitrato internazionale, la Camera di Milano, oltre alle sue normali funzioni, funge anche da Autorità di nomina, secondo il regolamento di Arbitrato della Commissione delle Nazioni unite per il diritto commerciale internazionale (Uncitral). Su richiesta delle parti, la Camera può amministrare procedimenti di arbitrato secondo il predetto regolamento Uncitral. Per quanto riguarda la procedura, vi sono alcune differenze dettate dall’internazionalità della procedura. In questo caso, l’arbitro può nominare interpreti o traduttori, sia per le prove testimoniali, sia per la traduzione di atti o documenti in lingua straniera. Per il resto si applicano le regole in precedenza indicate. Inoltre di recente, sempre in tema di arbitrati internazionali, occorre ricordare che la Corte di giustizia delle Comunità europee, ex articolo 181 del Trattato istitutivo, può conoscere le controversie a lei devolute in virtù di una clausola compromissoria (per esempio contenuta in un contratto), il che apre nuove frontiere in tema di arbitrati internazionali. I pro e i contro dell’arbitrato sono molteplici. Innanzitutto, occorre considerare i tempi: oggi, la durata media di un processo civile italiano è di circa 4 anni e questo perché il carico di lavoro è enorme in rapporto agli organici dei giudici delle varie sezioni. Inoltre il processo civile, così come è strutturato, si presta a un allungamento dei tempi della procedura. A questo si è cercato di porre rimedio, eliminando le “udienze di discussione”, che in passato dilatavano estremamente i tempi del giudizio (in effetti esse possono ancora essere richieste, ma su istanza di parte). Poi va anche considerato che i rinvii i tra un’udienza e l’altra, sono talvolta superiori ai 10 mesi (attualmente alcune udienze sono state rinviate già oltre il 2000). Quanto sopra vale anche per altri Paesi europei, in cui i tempi della giustizia ordinaria sono diversi da quelli italiani, ma sempre più lunghi di quelli dell’arbitrato.

Con l’arbitrato, i tempi entro cui depositare il lodo dalla nomina degli arbitri sono predefiniti (180 giorni) e solo in casi particolari sono prorogabili. I rinvii tra un’udienza e l’altra sono contenuti. Allo stato attuale, anche se il ricorso a questo tipo di giudizio sta aumentando, la Camera arbitrale di Milano, non ha ancora raggiunto il livello di affollamento, tipico dei tribunali ordinari. Naturalmente, a tale organizzazione e speditezza, corrisponde un adeguato costo della procedura. Infatti le tariffe e le spese giudiziarie sono di gran lunga più elevate in caso di arbitrato, piuttosto che in caso di giudizio ordinario. Un altro aspetto caratteristico dell’arbitrato è la solidarietà nelle spese, per cui, nel caso in cui la parte soccombente non pagasse le spese arbitrali a lei spettanti, gli organi arbitrali avrebbero il diritto di rivalsa nei confronti della parte vincente. Un punto a sfavore dell’arbitrato riguarda i provvedimenti cautelari e i sequestri. Infatti l’articolo 818 del Cpc, afferma letteralmente che «gli arbitri non possono concedere sequestri né altri provvedimenti cautelari». Ciò peraltro non esclude l’applicazione dell’articolo 669 quinquies, che afferma che in caso di pendenza di arbitrato, la domanda per l’ottenimento di una misura cautelare, vada proposta «al giudice che sarebbe stato competente a conoscere del merito», ossia competente per quella controversia se ci si fosse rivolti alla Magistratura ordinaria. Diretta conseguenza è la coesistenza della procedura arbitrale, che si sviluppa in parallelo all’azione giudiziaria.

Un’altra caratteristica tipica dell’arbitrato è la possibilità di fare ricorso a un determinato corpus di regole, scelto di comune accordo tra le parti. Invece, se si facesse ricorso a un giudizio ordinario, la legge applicabile risulterebbe solo quella italiana, non potendo i giudici ordinari decidere solo secondo equità.

Inoltre, nella procedura arbitrale è possibile decidere se fare ricorso all’arbitrato rituale o irrituale. Il primo si riferisce a un arbitrato svolto applicando un certo corpus di regole; il secondo invece è libero, ossia ci si riferisce solamente ai principi dettati e indicati dalle parti per risolvere la controversia. In questo caso i due litiganti si vincolano a rispettare il lodo, senza che questo venga regolarmente depositato in Pretura. Pertanto, si deduce che l’arbitrato irrituale ha la natura di un atto negoziale tra le parti, al quale esse decidono di vincolarsi; quello rituale invece è un vero provvedimento, emanato da un’autorità giudiziaria differente da quella ordinaria, ma ugualmente vincolante per le parti. Altra caratteristica fondamentale sta nel fatto che l’arbitrato irrituale è un istituto tipicamente italiano e difficilmente riscontrabile in altri Paesi: pertanto si corre il rischio che il lodo di un arbitrato irrituale, pronunciato in Italia, non venga riconosciuto nello Stato estero a cui appartiene l’altra parte. Per questa ragione, è sempre meglio fare ricorso a un arbitrato rituale, o accertarsi dove dovrebbe essere eseguito il lodo irrituale.