You are using an outdated browser. For a faster, safer browsing experience, upgrade for free today.

Vessati dalle clausole

Davide contro Golia, ovvero un cliente privato contro una multinazionale: finora le norme non hanno previsto grandi tutele in questi contratti, ma per fortuna è intervenuto il garantismo del diritto comunitario.

Storicamente il consumatore non ha goduto, nell’ordinamento giuridico italiano, di particolari forme di tutela per i contratti che avesse concluso con professionisti o imprese, fatta salva l’applicazione degli art. 1341 e 1342 del Codice civile. Tali disposizioni prevedono che particolari clausole di un patto, che portino una delle parti contraenti a limitare i propri diritti nei confronti dell’altra, per esempio in fatto di responsabilità, debbano essere approvate per iscritto a pena di nullità.

Limitazioni per soggetti deboli

La normativa citata era ed è di applicazione generale, cioè non tende alla protezione del soggetto consumatore, potendo benissimo venire applicata anche a favore di un contratto concluso, per esempio, da una multinazionale. Perciò si è dimostrata chiaramente inadatta alla protezione dei soggetti deboli che operano all’interno dell’ordinamento. Spesso, infatti, le imprese predisponevano contratti con forti limitazioni di responsabilità a proprio favore e al cliente finale non rimaneva che optare fra la rinuncia all’acquisto dei beni o servizi o l’accettazione di un cosiddetto ‘”contratto capestro”, chiaramente sbilanciato a favore del venditore, inoltre la giurisprudenza non aveva nemmeno identificato con certezza, dal punto di vista tecnico-giuridico, il consumatore; nell’esempio ora visto si vedeva, in termini di diritto, un contratto stipulato tra una persona fisica (l’acquirente) e un’impresa. Esiste oggi, però, una spinta, da parte delle istituzioni europee, alla protezione del cliente finale. Come sappiamo l’Italia fa parte della Comunità che, in alcuni specifici settori, gode ormai del monopolio legislativo, nel senso che gli Stati membri non possono promulgare leggi in tali materie che siano in contrasto con il diritto comunitario. Anzi devono inserire, quando necessario, le norme del diritto comunitario nei propri ordinamenti, mentre le giurisdizioni nazionali, ove si palesi un contrasto fra una norma comunitaria e una nazionale, dovranno applicare sempre e comunque la legislazione comunitaria. Tale assunto è confermato dalla giurisprudenza della Corte di giustizia delle Comunità europee e dalla nostra Corte costituzionale e Corte di cassazione; può quindi considerarsi come punto fermo. Bene; le Comunità, sulla spinta delle associazioni dei consumatori e della stessa Commissione europea, a partire dai primi anni Novanta, ha promulgato una serie di direttive che, oltre a identificare dal punto di vista tecnico-giuridico il soggetto consumatore, tendono a proteggerlo e tutelarlo nel momento in cui conclude contratti con professionisti. Con il termine “professionista” legislatore, nella fattispecie, ha inteso identificare qualsiasi persona fisica giuridica, pubblica o privata, che opera nell’ambito del commercio; quindi pratica si tratterà di imprese, distributori, istituti bancari e assicurativi agenzie di viaggi ecc. Va subito detto che, una volta tanto il nostro Paese ha recepito nel proprio ordinamento giuridico con prontezza la normativa comunitaria, evitando così condanne dalla Corte di giustizia delle Comunità europee e fornendo importanti armi al consumatore in caso di controversie che dovessero insorgere nei contratti conclusi. La direttiva comunitaria 93/13 Cee concernente le clausole abusive nei contratti conclusi con il consumatore e recepita nel nostro Codice civile coi gli articoli da 1469 bis a 1469 sexies rappresenta sicuramente, da un punte di vista giuridico, una pietra miliare per la protezione dei consumatori. Secondo l’art. 1469 bis del Codice civile nel contratto concluse tra il professionista e il consumatore, avente per oggetto la cessione di beni o la prestazione di servizi, si considerano vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore stesso un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi. Qualora una clausola venga identificata come vessatoria, la stessa andrà ritenuta inefficace e inapplicabile, mentre per il resto il contratto rimarrà valido. L’importanza della normativa citata sta anche nell’avere individuato precisamente, da un punto di vista giuridico, cosa debba intendersi per consumatore: è la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale” eventualmente esercitata, mentre il professionista è la persona fisica o giuridica, pubblica o privata, che, nel quadro delia propria attività imprenditoriale conclude un contratto con il consumatore. Uno stesso soggetto potrà essere identificato, a seconda dei casi, sia come consumatore sia come professionista; basti pensare, a titolo d’esempio, a un imprenditore che acquisti presso un’agenzia di viaggi un pacchetto vacanze da utilizzare per sé e per la propria famiglia; in tal caso egli sarà, a tutti gli effetti, considerato consumatore, mentre l’agente di viaggio sarà considerato professionista. Nel caso in cui, invece, lo stesso imprenditore venda i propri prodotti ad alcuni clienti, dovrà essere identificato come professionista il cliente-acquirente come consumale. È importante sottolineare che, alla -re di un’interpretazione generale della normativa il consumatore può essere soltanto una persona fisica, mentre qualifica di professionista può estendersi anche alle persone giuridiche, pubbliche o private che siano. Oltre alla normativa generale è previsto un lungo elenco di clausole che si presumono vessatorie per il consumatore, e quindi inefficaci nei suoi confronti, salva soltanto la possibilità per il professionista di fornire la difficile prova dell’assenza di profili vessatori in concreto. Vengono previsti 20 casi; a titolo di esempio basti dire che di solito si tratta di clausole che limitano fortemente la responsabilità del professionista, o gli concedono la possibilità di modificare le caratteristiche del prodotto o, ancora, di recedere dal contratto con estrema facilità e senza pagare penali. Oltre a tale categoria di clausole vessatorie, Part. 1469 quinquies prevede tre ipotesi di clausole inefficaci in ogni caso; è da segnalare come l’inefficacia operi, in tal caso, soltanto a favore del consumatore e possa essere rilevata d’ufficio dal giudice. Si tratta di clausole tendenti a limitare la responsabilità del professionista in caso dì morte o danno alla persona del consumatore, risultante da un fatto o da un’omissione del professionista medesimo, che escludano o limitino le azioni del consumatore in caso di inadempimento totale o parziale del professionista o, infine, che prevedano l’adesione del consumatore come estesa a clausole che non ha avuto, dì fatto, la possibilità di conoscere prima della conclusione del contratto.

Quando il giudice può inibire

Finora abbiamo visto come sia prevista una serie di ipotesi di tutela del singolo consumatore nei confronti del professionista, nel caso in cui intervengano controversie. Tuttavia il legislatore comunitario si è reso conto del fatto che, nel caso in cui ci si trovi di fronte a imprese di grandi dimensioni, le stesse potrebbero avere tutto l’interesse a mantenere comunque le clausole vessatorie nelle proprie condizioni generali di contratto, anche ove soccombenti contro un consumatore che le abbia convenute in giudizio. Infatti, come l’esperienza insegna, per una persona agguerrita, ve ne saranno sicuramente molte altre che, o si limiteranno a blande proteste, o ancor più probabilmente preferiranno subire. Così, all’impresa oggetto del nostro esempio, conviene sicuramente risarcire il consumatore che abbia vinto una causa, ma mantenere le condizioni verso tutti gli altri. Per ovviare a tale problema l’art 1469 sexies del Codice civile prevede che le associazioni rappresentative dei consumatori e dei professionisti, così come le Camere di commercio, ove riscontrino che un professionista utilizza clausole abusive nelle condizioni generali di contratto, siano legittimate a convenirlo in giudizio. Il giudice, accertata l’abusività della clausola o delle clausole citate, ne inibirà l’uso; è da notare che, in caso di urgenza, tale procedimento potrà essere preso anche in via cautelare. Questo strumento di tutela permette, per esempio, al consumatore che non se la senta di iniziare una causa per una questione di poco valore economico contro una multinazionale, di rivolgersi alle associazioni dei consumatori perché, se è il caso, provvedano di conseguenza. Da ultimo preme segnalare come, soprattutto nel settore bancario, il coordinamento della disciplina appena descritta, con il disposto degli art. 1341 e 1342 dei Codice civile, che si occupano della specifica approvazione per iscritto delle clausole inserite in moduli e/o formulari, abbia fornito al consumatore una valida protezione contro eventuali abusi praticati nei suoi confronti.