Porte aperte in Argentina
31 Maggio 2010 by admin
Il Governo ha dato una salutare sferzata all’economia, autorizzando una deregulation che agevola gli operatori stranieri. Ecco qualche consiglio alle aziende italiane che vogliono approfittarene.
Negli ultimi anni l’Argentina è salita agli onori della cronaca, specie per l’impulso dato dal governo Menem al miglioramento dell’economia. L’inflazione è calata dall’800% circa degli anni Ottanta, all’attuale 1,3%. Non è più possibile parlare, insomma, di un Paese a rischio, ma di una nazione in crescita, come conferma l’intenso e rapido processo di privatizzazioni. Secondo il Fondo monetario internazionale il tasso di sviluppo nell’anno 1998 si è attestato intorno al 4,6%. Come si è giunti a tali risultati? Intanto l’Esecutivo ha perseguito una politica fiscale aggressiva o, per meglio dire, piuttosto interessante, per attirare società e investitori esteri. Per quanto riguarda l’apertura di unità produttive si segnala il costo estremamente favorevole della manodopera, (1,7 dollari l’ora nel 1997). Inoltre il cambio tra il peso (la moneta locale) e il dollaro Usa è fissato in rapporto di 1 a 1 da circa 8 anni.
Semplicità per le nuove sedi
Per liberalizzare il traffico economico le autorità hanno stabilito alcuni principi tesi a incrementare le transazioni in loco, come l’uguaglianza di trattamento fra investitori locali e stranieri, siano essi persone fisiche o giuridiche. Inoltre vi è assoluta libertà nel trasferimento all’estero di capitali e know-how. Come è facile capire una simile politica ha benefici influssi anche sui vari tipi di strutture societarie che possono, a seconda delle necessità, essere costituite. Le sedi secondarie (branch office), per esempio, richiedono adempimenti tanto semplici guanto quelli di un semplice ufficio di rappresentanza. All’atto della registrazione in loco si dovrà unicamente provare l’esistenza della persona giuridica straniera e la sua decisione di voler aprire un’attività in Argentina, dove, naturalmente si dovrà eleggere il domicilio.
Per quanto riguarda le società controllate (subsidiary) il diritto è molto simile a quello vigente in vari Stati europei: è possibile operare sia tramite società di persone, che di capitali. La struttura di una società di capitali è quella di una società anonima, il cui capitale deve essere sottoscritto integralmente alla costituzione e versato nell’arco di due anni al massimo. Il capitale è di 12.000 pesos (o dollari) e le azioni devono essere nominative. I membri del consiglio di amministrazione possono essere stranieri, ma la maggioranza deve avere il proprio domicilio effettivo in Argentina. Il cda di una società anonima si deve riunire ogni tre mesi. Le società a responsabilità limitata, invece, per quanto abbiano molte similitudini con le srl italiane, non sono state ancora concepite sotto la forma di srl unipersonali (è necessario avere minimo due soci). In Argentina esistono tre categorie di imposte. Quelle nazionali investono- il reddito, o sono le patrimoniali, le indirette e l’iva. Le imposte a las ganancias (sui redditi) sono comuni sia alle persone fisiche sia alle persone giuridiche. Il tasso per entrambe è progressivo con aliquota massima del 35% (così come modificata nel maggio 1999). Imposte sobre los bene personales: parliamo di tasse gravanti sui tutti i beni – immobili, depositi bancari, azioni – detenuti in Argentina o all’estero da soggetti o persone fisiche, residenti argentini. Occorre considerare che nel corso dei prossimi mesi saranno apportate nuove modifiche alle imposte e ciò potrebbe avere benefici influssi a tutti i livelli, comprese le trattenute alla fonte sui dividendi percepiti. Inoltre, l’Argentina è in procinto di concludere nuovi accordi bilaterali con l’Italia in tema di doppie imposizioni. Trasferimenti di sede legale: è utile per l’azienda al fine di localizzare in Argentina l’investimento, trasferendo la sede della società dall’Italia. In tal caso i redditi prodotti nel Paese latino-americano e che poi dovessero rientrare in Italia, subirebbero un trattamento vantaggioso. Infatti occorre analizzare l’articolo 7 del modello Ocse, che fornisce la definizione di “stabile organizzazione”, e su questa base, valutare l’applicabilità di tale trattato al caso pratico. Sarebbe possibile ottenere un vantaggio fiscale risultante dalla differenza fra la tassazione subita da un’impresa italiana (che si aggira intorno al 50%) e quella in vigore attualmente in Argentina, pari al 35%. Le società italiane costituiscono in loco una sede operativa, ottenendo una serie di benefici, sia sotto il punto di vista meramente economico (manodopera) sia sotto quello fiscale e doganale. Il segmento produttivo infatti opera in condizioni fiscali estremamente vantaggiose. L’Argentina è la porta d’accesso al Mercosur, ma c’è di più: inaugurando nuove strutture in questa nazione l’imprenditore potrebbe valutare anche la facoltà di espandere l’attività ai mercati dell’Unione europea, (Olanda e Lussemburgo tra i più noti). Queste nazioni hanno concluso già da lungo tempo una serie di accordi bilaterali tesi a evitare le doppie imposizioni, nel caso di distribuzioni di dividendi fra società appartenenti allo stesso gruppo, pur se dislocate in Paesi e in continenti diversi.