Più regole per il web
5 Giugno 2010 by admin
La rapida diffusione del fenomeno Internet ha posto il problema di dare sicurezza e tranquillità alle parti che entrano in gioco durante una transazione telematica: ecco il parere dell’Ue.
In Europa, e in particolare in Italia, si assiste a un esponenziale aumento della diffusione dei computer collegati a Internet. Così anche imprese ed enti pubblici hanno deciso di entrare nel grande mondo della rete. Molti hanno da subito intuito le enormi potenzialità del web e si sono resi conto che la telematica è un altro canale per vendere prodotti e servizi. È facile comprendere come, dato il carattere transnazionale di Internet, non basti una legge emanata da una singola nazione. La Comunità europea si è da tempo resa conto del problema ed è intervenuta ripetutamente per stabilire, in questo campo, regole uniformi. Le autorità hanno dapprima emanato una regolamentazione, diretta alla protezione dei dati personali (direttiva 95/46) e, successivamente, hanno proceduto a preparare una seconda direttiva, la 9/97, per la protezione dei consumatori nelle transazioni stipulate a distanza. Si stabilisce che il consumatore, in tempo utile e prima della conclusione del contratto, dovrà ricevere informazioni riguardanti le caratteristiche essenziali dei beni oggetto della vendita e le modalità della stessa (durata dell’offerta, prezzo, eventuali spese di consegna ecc.). Inoltre si fissa per il cliente il di-ritto di conoscere l’indirizzo della sede del fornitore, al fine di poter presentare reclami. Salvo patto contrario, il fornitore dovrà eseguire l’ordinazione entro 30 giorni a decorrere dal giorno successivo a quello in cui il consumatore l’ha trasmessa. Le norme della direttiva in questione sono imperative (articolo 12); nel senso che un’eventuale rinuncia ai diritti sarebbe inefficace. Infine è previsto il diritto di recesso, senza aggravio di spese e penali, da effettuarsi entro un termine che non potrà comunque essere inferiore a 7 giorni. La legislazione comunitaria emanata finora in materia di commercio elettronico rimane settoriale, rivolgendosi a categorie determinate di soggetti (consumatori) oppure a determinati operatori (banche dati). In sostanza manca una regolamentazione di carattere globale che ponga, per lo meno, regole generali, valide per tutto il commercio on-line. L’anno scorso è stata elaborata, dal Parlamento europeo e dal Consiglio, una proposta di direttiva comunitaria (98/325), relativa agli aspetti giuridici dell’e-commerce, aspetti che vanno a inserirsi nell’ambito più ampio delle regole del commercio comunitario. La norma, pur contenendo disposizioni innovative (come la definizione e la disciplina dei contratti per via elettronica), ha un campo di applicazione limitato. Di maggiore interesse è sicuramente la proposta di direttiva, presentata dalla Commissione delle comunità europee, relativa a regole comuni sulla firma elettronica. Infatti è della massima importanza, se si vuole favorire lo sviluppo del commercio elettronico, stabilire in che maniera un documento inviato tramite Internet possa considerarsi come autenticato (fatto proprio, firmato) da un determinato soggetto. Il progetto di direttiva stabilisce che alla firma elettronica, intesa come firma digitale compressa all’interno di dati ad essa allegata, sia riconosciuto valore legale. Non si stabilisce però con precisione, in termini tecnici, quale sistemazione si dovrà adottare per la realizzazione della firma elettronica, lasciando la libertà ai singoli stati in tale campo. A titolo informativo si ricorda che, nelle leggi approvate dai vari Paesi, il sistema più usato è di dotare la firma di ogni singola persona fisica o giuridica di una chiave di accesso composta da una serie di cifre integranti una formula matematica, con la conseguenza che, molto difficilmente, potrà venire decifrata da eventuali malintenzionati. La firma elettronica dovrà garantire, ovviamente, l’identità del firmatario; ciò è possibile attraverso l’istituzione di un procedimento di verifica della firma e ogni stato membro dovrò permettere e garantire la presenza di prestatori di servizi di certificazione. Essi potranno essere persone, enti o società, e si occuperanno di rilasciare al pubblico certificati e informazioni relativi alla firma elettronica. Gli attestati di conformità della firma elettronica, rilasciati 5 da tali soggetti, daranno alla § firma digitale il valore legale di una firma autografa, dunque utilizzabile come prova. In Italia, con la legge di riforma della pubblica amministrazione, si è introdotto un sistema basato sulla firma digitale nel campo del diritto amministrativo. Tale sistema garantirà snellezza e la sicurezza dei procedimenti. Il funzionamento si basa su una chiave elettronica, ricavata dal sistema della scrittura crittografica. Una chiave sarà in possesso di un pubblico ufficiale, mentre l’altra rimarrà nelle mani del richiedente. Così, per esempio, una persona potrà inviare un messaggio rivolto a un altro soggetto e decidere di cifrarlo, rendendolo così leggibile solo dall’interessato, a cui avrà previamente fornito una parte della propria chiave. In Italia, con la legge di riforma della pubblica amministrazione, si è introdotto un sistema basato sulla firma digitale nel campo del diritto amministrativo. Tale sistema garantirà snellezza e la sicurezza dei procedimenti. Il funzionamento si basa su una chiave elettronica, ricavata dal sistema della scrittura crittografica. Una chiave sarà in possesso di un pubblico ufficiale, mentre l’altra rimarrà nelle mani del richiedente. Così, per esempio, una persona potrà inviare un messaggio rivolto a un altro soggetto e decidere di cifrarlo, rendendolo così leggibile solo dall’interessato, a cui avrà previamente fornito una parte della propria chiave.
Termini e condizioni del contratto in Italia
Il mandante francese deve sempre chiedere all’interlocutore italiano di giustificare per iscritto la sua qualifica di agente. Deve operare un controllo periodico. Se l’agente non riveste la qualifica professionale richiesta o l’ha perduta, il contratto sarà nullo e entrambe le parti sottoposte a sanzioni pecuniarie. La normativa non differisce in caso di mandante italiano e agente francese. In Italia e in Francia è prevista la clausola dello ‘star del credere’, che in Italia non può superare il 15% del credito portato in perdita dal mandante. Questi però può esigerne il pagamento dopo aver esaurito tutti i mezzi possibili per ottenere quanto dovuto dal debitore principale. Il tasso di commissione è liberamente negoziato fra le parti. In genere è inversamente proporzionale al valore dell’affare. H contratto di agenzia prevede che Vagente operi all’interno di una determinata area geografica e può essere sia a durata determinata che indeterminata.
Contenzioso: giudice competente
Nel corso del contratto è sempre possibile che sorgano delle controversie tra mandante francese e agente. Per stabilire quale sia il giudice competente, nel silenzio delle parti, può essere applicata la convenzione di Bruxelles del 1968, che favorisce la scelta della parte che si difende. Tale convenzione, pertanto non fa altro che ispirarsi al principio normalmente riconosciuto dalla maggior parte dei diritti processuali civili degli Stati occidentali. Esiste una serie di casi in base ai quali si determina la competenza di un giudice, piuttosto che di un altro. Infatti se le parti sono due persone giuridiche e quella italiana è l’agente convenuto; allora la competenza sarà del giudice italiano. Diverso è il caso in cui l’agente italiano sia una persona fisica, che agisce contro una società francese (convenuta a giudizio): a differenza di quanto sopra, la controversia sarà devoluta alla competenza della sezione specializzata del Lavoro della pretura del luogo in cui l’agente risiede. Lo stesso vale, per i ben noti principi di reciprocità, per la devoluzione della controversia al giudice francese.
Diritto applicabile al contratto
Se il giudice italiano è competente, è più logico sottomettere il contratto al diritto italiano. Esiste però la complicazione creata dall’alt 1751, che presenta per l’agente italiano una normativa più favorevole rispetto a quella francese in tema di identità di fine contratto. La ‘maggiore protezione’ dell’agente italiano potrebbe rappresentare un ostacolo nella fase di contrattazione tra mandante francese e agente italiano. In materia di competenza è innovativo l’art. 14 della legge 218 del 1995, in quanto permette d’ufficio l’accertamento della legge straniera. Si afferma in tale articolo che “1. L’accertamento della legge straniera è compiuto d’ufficio dal giudice. A tal fine può avvalersi, oltre che dagli strumenti indicati dalle convenzioni internazionali, di informazioni acquisite per il tramite del ministero di Grazia e Giustizia; può altresì interpellare esperti o istituzioni specializzate. 2. Qualora il giudice non riesca ad accertare la legge straniera indicata, neanche con l’aiuto delle parti, applica la legge richiamata mediante altri criteri di collegamento, eventualmente previsti per la medesima ipotesi normativa. In mancanza, si applica la legge italiana”. Il giudice italiano potrebbe essere portato a scartare l’applicazione del diritto straniero scelto dalle parti e dirimere la controversia a lui sottoposta applicando il diritto italiano.
Attribuzione di competenza
Spesso le parti cercano di comune accordo un giudice competente. La trattativa diventa sovente lunga e laboriosa, in quanto ciascuna delle parti contraenti ritiene che la scelta del proprio giudice nazionale possa, in caso di contenzioso, essere a sé più favorevole. L’esperienza insegna che i giudici invece non tengono conto della nazionalità delie parti, in quanto si limitano ad applicare le leggi. Ciascuno dei contraenti cerca di scegliere il proprio giudice nazionale, partendo dalla convinzione errata che quest’ultimo applicherà in ogni caso la propria legge nazionale, anche se in realtà il giudice nazionale può applicare anche il diritto straniero. Ottenere la condanna in Italia del convenuto straniero, comporta poi il problema dell’esecuzione di una decisione definitiva all’estero. Appare evidente che la scelta del giudice nazionale non sempre è la panacea di tutti i mali.