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Vendita del bene pignorato con contestuale estinzione della procedura esecutiva

Nell’attuale momento di crisi economica capita con frequenza che la contrattazione immobiliare riguardi un immobile gìà sottoposto a pignoramento da parte di un creditore del proprietario/debitore e aspirante venditore.  Vediamo di che cosa si tratta e qual è il ruolo dell’avvocato e quello del notaio.

Le procedure esecutive, in generale, costituiscono lo strumento giudiziale con cui i creditori che non vengano soddisfatti delle proprie pretese possono procedere all’aggressione dei beni patrimoniali del debitore che risulti insolvente, in virtù del principio di responsabilità patrimoniale generica ex art. 2740 cod.civ. Vi sono ipotesi in cui dalla procedura esecutiva di vendita forzata dei beni del debitore non derivi un effettivo soddisfacimento del creditore, poiché può succedere che dal procedimento di aggiudicazione si verifichi una vera e propria “svendita”, con relativi svantaggi sia per il creditore, sia per il debitore, che rischia di non essere liberato dal proprio debito, se, per esempio, risulti titolare di un unico bene (spesso “prima casa”). Un possibile rimedio a tali situazioni che consente di soddisfare le esigenze di entrambe le parti è dato da un’operazione complessa che consiste nella vendita del bene immobile da parte del debitore ad un terzo promissario acquirente, che sia al di fuori della procedura esecutiva, con la contestuale estinzione del processo di espropriazione. Il ricavato della vendita sarà, infatti, utilizzato dal debitore per soddisfare le pretese dei creditori, procedente ed eventuali intervenuti, liberare il bene dal vincolo di indisponibilità ed estinguere la procedura di espropriazione immobiliare. In questo modo, si soddisfa, da un lato, l’interesse del debitore alla liberazione dal proprio debito.

Dall’altro, l’interesse dei creditori, procedente ed eventuali intervenuti, a ricevere quanto spetta loro per soddisfare le proprie ragioni.

La procedura

Si tratta di una procedura alternativa rispetto ad altri rimedi previsti dalla legge, quali la conversione del pignoramento (art. 495 cod. proc. civ.), la procedura di esdebitazione ex legge 3/2012, l’assegnazione del bene a eventuali comproprietari. È un procedimento complesso, lecito e legittimo, utilizzato nella prassi, che si fonda su presupposti fondamentali, e in particolare occorre la collaborazione tra le parti (debitore, creditori e terzo acquirente). È considerato un rimedio residuale, ove non sussista un’altra valida alternativa se non la vendita del proprio bene immobile. Nello specifico, vi sono due modalità operative: si può adire al Giudice dell’esecuzione per stipulare l’atto di compravendita direttamente in un’apposita udienza, alla presenza del notaio e di tutte le parti, in cui si ottiene poi, in via contestuale, da parte del Giudice, l’ordinanza di estinzione dell’esecuzione e la cancellazione della trascrizione del pignoramento, oppure, in alternativa, stipulare dinanzi al notaio un atto di compravendita, la cui efficacia sia però sospensivamente condizionata all’emissione dell’ordinanza di estinzione della procedura. Per quanto attiene la prima ipotesi, la complessità di tale operazione richiede necessariamente la scansione del procedimento in diverse fasi:

  • la proposta di acquisto, in cui viene offerta una somma di denaro da parte di un terzo per acquistare il bene oggetto della procedura esecutiva, ai fini della sua estinzione. È necessario che il terzo, estraneo al procedimento esecutivo, presenti formalmente un’offerta per l’acquisto del bene immobile del debitore. La somma deve essere vincolata entro un certo termine e utile al fine di avanzare una proposta transattiva ai creditori, come una sorta di finanziamento dell’operazione, ai fini dell’acquisto finale del bene;
  • il terzo promissario acquirente, quindi, può spontaneamente presentare un’offerta, oppure, in mancanza di un’offerta volontaria, il debitore può avvalersi dell’aiuto di agenzie immobiliari per svolgere attività di ricerca di eventuali acquirenti dell’immobile;
  • saranno poi necessarie le verifiche sull’immobile, per accertare la regolarità urbanistica e catastale del bene oggetto di esecuzione, insieme allo studio della relazione notarile della procedura esecutiva, chiedendone copia al debitore. E infine, per poter chiarire la presenza di eventuali pesi, oneri e vincoli sul bene, verrà allegata la visura ipotecaria aggiornata;
  • successivamente, bisognerà ottenere l’accettazione della proposta di acquisto; pertanto, una volta completate le necessarie verifiche, se ritenuta congrua, tale proposta potrà essere accettata;
  • in questa particolare procedura, la vendita del bene pignorato e la contestuale estinzione della procedura esecutiva sono, comunque, condizionate dall’accettazione della proposta transattiva da parte dei creditori. Infatti, viene offerta una somma di denaro al fine di soddisfare le pretese del creditore procedente e di quelli intervenuti. Tale somma viene calcolata nei limiti della proposta di acquisto fatta dal terzo acquirente. La somma offerta ai creditori, tuttavia, può variare a seconda di diversi fattori, come il valore del bene e le garanzie eventualmente vantate sullo stesso;
  • il pagamento dovrà essere offerto in unica soluzione, senza rateizzazione, così da garantire la vendita del bene, libero da ogni formalità pregiudizievole. Con il pagamento dell’intera somma offerta, vi sarà, quindi, il contestuale trasferimento del bene all’acquirente e l’estinzione della procedura esecutiva, a seguito della rinuncia dei creditori alla stessa. Sarà, pertanto, necessario informare i creditori della proposta di acquisto fatta dal terzo promissario acquirente e dello svolgimento di un’apposita udienza dinanzi al Giudice dell’esecuzione per le operazioni;
  • si inoltra, quindi, un’istanza al Giudice dell’esecuzione per fissare un’udienza straordinaria per la comparizione delle parti e procedere a tale operazione. Sono così convocate tutte le parti, il debitore, i creditori, il terzo promissario acquirente, nonché il notaio incaricato per la stesura del rogito, per la stipula dell’atto di compravendita. Contestualmente, vi sarà il trasferimento del bene al terzo e, con ordinanza, l’estinzione della procedura esecutiva a favore dell’esecutato, per rinunzia dei creditori agli atti della stessa, con relativo ordine di cancellazione della trascrizione del pignoramento;
  • con il provvedimento che fissa l’udienza, vengono chiamati a comparire anche gli ausiliari della procedura esecutiva (CTU custode, delegato per le operazioni di vendita ecc.) per la liquidazione delle spese, che saranno a carico del debitore o creditore procedente, a seconda di quanto pattuito
  • in udienza, si procede al rogito notarile, con un doppio passaggio di denaro: in primo luogo, dal terzo promissario acquirente al debitore, e poi da quest’ultimo al creditore. Il pagamento può essere effettuato eventualmente con assegni circolari già intestati, almeno in parte, ai creditori. Questi assegni rimangono in custodia presso il notaio che, poi, provvederà a saldare il debito in base agli importi stabiliti secondo le trattative;
  • i creditori depositano al Giudice le loro rinunce agli atti della procedura esecutiva. Una volta verificato il deposito delle rinunce e il consenso dei creditori alla cancellazione della trascrizione del pignoramento, il Giudice dell’esecuzione provvede a dichiarare con ordinanza l’estinzione della procedura esecutiva e ordina la cancellazione della trascrizione del pignoramento. Tuttavia, vi è il rischio che tale procedura non sia definitivamente conclusa, in quanto il provvedimento può essere impugnato con lo strumento del reclamo ex art. 630 cod. proc. civ., da parte del debitore, del creditore procedente e di quelli intervenuti. In ogni caso, chiunque vi abbia interesse potrà fare opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 cod. proc. civ. Il provvedimento diviene definitivo una volta decorsi i termini per impugnare, ovvero 20 giorni dalla pronuncia dell’ordinanza, se avvenuta in udienza, o dalla comunicazione della stessa, per il reclamo ex 630 cod. proc. civ., e 20 giorni, per l’opposizione agli atti esecutivi ex 617 cod. proc. civ. Per ottenere la cancellazione della trascrizione del pignoramento, è necessario poi consegnare alla Conservatoria dei Registri Immobiliari la copia conforme del provvedimento di estinzione e la certificazione del mancato reclamo o della mancata opposizione agli atti esecutivi.

 

Il ruolo dell’avvocato e del notaio

La procedura descritta sopra è una procedura complessa che necessita l’intervento di un consulente legale, in genere un avvocato specializzato nella materia, nonché, come vedremo, l’intervento di un notaio per il perfezionamento del contratto di acquisto immobiliare. Una volta accertata l’esistenza di un pignoramento a carico dell’immobile mediante ispezione dei Registri immobiliari, il notaio dovrà suggerire alle parti le opportune cautele procedimentali e giuridiche per meglio tutelare tutti gli interessi in gioco.

Infatti, salvo che ricorrano specifiche particolarità del potenziale trasferimento immobiliare (come per esempio negli atti a titolo gratuito ovvero quando esistono rapporti di stretta familiarità tra venditore e acquirente), è sconsigliabile procedere all’operazione di acquisto fino a quando non vi sia un documento idoneo che certifichi l’estinzione della procedura esecutiva. Vi sono una serie di ostacoli che maggiormente complicano l’ottenimento di tale documento, prima o contestualmente all’atto notarile di cessione. In primo luogo, l’estinzione della procedura esecutiva può essere dichiarata solo ed esclusivamente dal Giudice dell’esecuzione, non essendo – quindi – sufficiente ottenere il mero consenso dei creditori. Poi il provvedimento giudiziale di estinzione della procedura esecutiva è soggetto a reclamo ex art. 630 cod. proc. civ. per un periodo di venti giorni a far tempo dall’emissione e – quindi – è potenzialmente suscettibile di modifica o revoca. Di solito, il debitore esecutato è in grado di reperire quanto spetta per tacitare i creditori solo con la vendita proprio dell’immobile pignorato che, però, a sua volta, non potrà essere effettuata sino a quando i creditori siano stati debitamente soddisfatti delle proprie pretese, con conseguente rinuncia formale alla prosecuzione della procedura. Inoltre, al notaio è inibito l’accesso diretto al fascicolo della procedura esecutiva presso la Cancelleria del Tribunale e, quindi, non potrà conoscerne tutte le relative informazioni, potendo esclusivamente – attraverso l’indagine dei Registri immobiliari – venire a conoscenza solo di limitati aspetti della procedura stessa (dati del creditore procedente, dell’esecutato e degli immobili pignorati: non può quindi sapere per esempio l’importo del credito vantato dal procedente, l’esistenza di creditori intervenienti e lo stato di avanzamento della procedura esecutiva). Ciò premesso, è virtuosa prassi operativa quella in cui l’ordinanza di estinzione della procedura esecutiva viene emessa in “tempo reale”, cioè poco dopo che i creditori tacitati nelle proprie pretese economiche abbiano depositato presso la Cancelleria la rinuncia formale alla prosecuzione della procedura. Inoltre, sarà possibile ottenere un’ordinanza di estinzione non soggetta a reclamo e – come tale – ad ogni effetto definitiva e irrevocabile: ciò risulta quando il Giudice dell’esecuzione aderisce alla tesi secondo cui i soggetti astrattamente legittimati a proporre reclamo avverso all’ordinanza di estinzione della procedura esecutiva (e cioè il creditore procedente, l’eventuale creditore interveniente e il debitore) possano preventivamente rinunciare a detta facoltà. Una volta concluso l’iter procedimentale di cui sopra, il notaio potrà ricevere contestualmente l’atto di cessione, nel quale darà atto del fatto che la procedura esecutiva si è regolarmente estinta, rimanendo la sola successiva cancellazione, presso la competente Agenzia del territorio – Servizi di pubblicità immobiliare, del pignoramento a suo tempo trascritto. La cancellazione, tuttavia, ben può essere effettuata in un momento successivo alla vendita, trattandosi di una mera esecuzione di una vicenda già formalmente conclusa. In questo modo, i contrapposti interessi coinvolti nella vicenda traslativa sono pienamente tutelati e soddisfatti. Infatti, da un lato, il venditore/debitore esecutato utilizza (in tutto o in parte) il ricavato della vendita immobiliare per poter ottenere un provvedimento giudiziale che certifichi definitivamente l’estinzione della procedura esecutiva gravante sul bene; dall’altro, l’acquirente ottiene un immobile con la certezza che non vi siano più soggetti terzi che possano vantare sul bene diritti di sorta. Prendendo in considerazione la componente meramente pratica della vendita di un bene pignorato, si e delineato finora che qualsiasi atto dispositivo dei beni oggetto dell’esecuzione e caratterizzato da una sostanziale inopponibilita ai creditori intervenuti nella procedura esecutiva. Ciò vale fino a quando la procedura rimane processualmente attiva, ma questa puo estinguersi anche per motivi diversi dalla fisiologica monetizzazione del diritto dell’esecutato, per esempio per rinuncia dei creditori intervenuti. Normalmente, nella prassi lo strumento piu idoneo per dare efficacia reale ad un atto di alienazione e quello di un’istanza congiunta in cui tutti i creditori muniti di titolo esecutivo rinuncino all’azione esecutiva chiedendo l’estinzione della procedura esecutiva con contestuale ordine di cancellazione del pignoramento ed eventuale chiusura del libretto o conto corrente bancario intestato alla procedura esecutiva stessa. La riforma del processo esecutivo ha cercato di comprimere fortemente i tempi endoprocedurali per cercare di abbreviare la durata media di una procedura esecutiva. Uno degli strumenti che ha utilizzato più diffusamente è stato l’introduzione di alcuni sbarramenti processuali come, per esempio, quello previsto dall’art. 499 cod. proc. civ. relativo all’intervento. Secondo il legislatore del 2005 è possibile intervenire nella procedura esecutiva fino al momento dell’udienza in cui si dispone la vendita ex art. 569 cod. proc. civ., o almeno questo era l’intento nei lavori preparatori della riforma, allo scopo di comprimere i tempi di monetizzazione dei diritti patrimoniali del debitore. Se l’idea era questa, il legislatore non vi è riuscito, perchè ha lasciato inalterata la disciplina dell’intervento tardivo prevista dall’art. 565 cod. proc. civ., che permette l’intervento fino all’udienza di approvazione del piano di riparto. La nuova disciplina dell’intervento costituisce il vero ostacolo delle alienazioni dei beni pignorati. Il timore di tutti gli acquirenti è stato sempre quello collegato a un intervento che si avesse nelle more tra l’istanza di estinzione per intervenute rinunce delle parti e l’atto alienativo extraprocessuale. Ampliare i tempi per un intervento, come accade per l’intervento tardivo, amplia ovviamente il rischio di nuovi interventi e quindi il rischio di non poter chiudere la procedura con provvedimento di estinzione. La Cassazione, con la sent. n. 6885 del 14 marzo 2008, ha affermato che l’estinzione del processo esecutivo per rinuncia esperisce i suoi effetti dal momento in cui viene emanato il provvedimento giudiziario, ammettendo quindi anche esplicitamente, al suo interno che fino a quel momento è possibile qualsiasi intervento nella procedura esecutiva. Su questi presupposti appare quindi opportuno che esista assoluta contestualità tra il provvedimento di estinzione della procedura esecutiva, l’ordine di cancellazione del pignoramento e l’atto alienativo del bene pignorato. Secondo la dottrina notarile, per ovviare ai rischi di una procedura riviviscente per sopravvenuto intervento nelle more tra l’istanza congiunta di estinzione e il provvedimento di estinzione, ha pensato di «procedere, in atti, alla predeterminazione del danno causato dalla evizione del bene, con la pattuizione dell’obbligo del venditore di restituire una somma equivalente al prezzo pagato, qualora il procedimento espropriativo non risulti effettivamente estinto in seguito alle rinunzie dei creditori presenti all’atto a causa di interventi successivi». In realtà, però, l’obbligazione del venditore dovrebbe essere garantita da fideiussione bancaria o meglio ancora da contratto autonomo di garanzia, in modo da permettere una immediata riscossione senza le lungaggini collegate ad un eventuale contenzioso. Tuttavia, occorre rilevare che nessun istituto bancario fornirebbe una simile garanzia conoscendo la realtà della situazione e i rischi connessi all’operazione alienativa in essere.

Le due soluzioni operative alternative

Ad oggi, quindi, gli strumenti migliori per garantire l’acquirente in simili operazioni sono due. Il primo riguarda la stipula dell’atto direttamente in Tribunale, immediatamente dopo la rinuncia di tutti i creditori e dopo l’immediata emanazione dell’ordinanza di estinzione da parte del Giudice dell’esecuzione. Il secondo consiste nella stipula, dinanzi al notaio, di un atto sospensivamente condizionato all’estinzione del procedimento esecutivo. In questo caso, però, la situazione diventa più onerosa per l’acquirente, essendo necessaria, in realtà, la stipulazione di due atti: con il primo, sottoposto a registrazione e trascrizione, si stipula l’alienazione sospensivamente condizionata all’estinzione della procedura; il secondo atto, anche esso da registrarsi a tassa proporzionale e da annotarsi a margine dell’atto precedente, dichiara il verificarsi della condizione, avendo ottenuto l’ordinanza di estinzione del procedimento esecutivo da parte del Giudice dell’esecuzione. In realtà, occorre evidenziare che il mondo notarile predilige la contestualità tra l’atto alienativo e il provvedimento estintivo, perché ciò garantisce maggiore certezza che il vincolo esecutivo sia stato effettivamente eliminato e che l’immobile sia pienamente nella disponibilità dell’alienante. La contestualità tra atto di compravendita e provvedimento estintivo trova, comprensibilmente, limiti di attuazione pratica. Per esempio, negli uffici giudiziari di dimensioni macroscopiche e spersonalizzate nei suoi apparati amministrativi, un’istanza di estinzione comporterebbe un significativo ritardo nell’avere tempestiva risposta, e ciò non si concilia con l’esigenza della contestualità dell’atto notarile. Un ulteriore limite si presenta anche rispetto al tentativo degli uffici giudiziari di ridurre il notevole carico giudiziale: in questi casi, il Giudice dell’esecuzione non sarà facilmente disponibile ad emanare un provvedimento estintivo immediatamente dopo l’istanza delle parti. Inoltre, è improbabile che macroscopici apparati di cancelleria siano sensibilizzati ad istanze di questo genere nei tempi richiesti dall’operazione alienativa in esame. Tali ostacoli di ordine pratico finiscono evidentemente per rendere più agevole, in via di puro fatto, l’alternativa, in precedenza indicata, dell’atto sospensivamente condizionato, che lascerebbe, peraltro, agli apparati giudiziari il tempo necessario per un ponderato riscontro processuale alle parti, nonché al notaio i tempi tecnici per concludere l’operazione di trasferimento del bene cui sono interessate.